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reportage da festival ed eventi, interviste e incontri
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Festival del Cinema Europeo
Lecce, 2-9 giugno 2001

A cura di Ofelia Nunzi e Mario Bucci
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Onirico, eversivo, caldo, questo viaggio nel Salento. Il giornalista Foschini di Raitre Puglia probabilmente avrebbe cominciato questo servizio diversamente, magari con un rampante "E’ partito il secondo festival del cinema europeo, qui a Lecce, in una cornice colorata di poetica pugliese…." con la sua caratteristica erremoscia ed il suo coincidere sempre con un sorriso…. …noi invece, barricati per notti nella stanza 118, abbiamo aspettato che l’epilogo si rivelasse, la fine di questa manifestazione si compiesse e che simbolicamente la via si aprisse, per raccontare il tutto come se fosse l’ultimo ciak di un film onirico, eversivo e caldo, troppo caldo. Forse.

Il Secondo festival del cinema Europeo di Lecce, ben orchestrato dalla persona di Alberto La Monica, cuore ed immagine della Art Promotion, si è giocato su tre campi di battaglia ben distinti, corollati a loro volta da numerose iniziative: la retrospettiva su Ugo Tognazzi, il concorso con otto film in gara e la retrospettiva sul regista spagnolo Carlos Saura; attacchi continui sono invece pervenuti dagli eventi speciali: le Gemme polacche viste alla Facoltà di lingue, che prevedevano in programma la proiezione delle due più importanti scuole di cinema polacco (Lodz e Katowice) tra i quali cortometraggi spiccavano le tesi di Polanski, Wajda e Kieslowski; un omaggio al papista polacco Krzysztof Zanussi, regista che ha presentato i suoi primi cortometraggi decisamente più interessanti del suo ultimo lavoro proiettato in sala, La vita come malattia mortale sessualmente trasmissibile (un polpettone più che drammatico di fede); un omaggio al regista italiano Francesco Maselli con la proiezione di Storia d’amore del 1986; il primo lavoro del regista Walter Toschi a titolo Un giudice di rispetto; il film di Marco Pozzi, dal titolo Venti (particolare ma nel suo complesso forzato dalla tendenza) spinto dalla partecipazione di Andrea Pezzi e dal cameo del critico Gianni Volpi; il cortometraggio inedito di Paolo Benvenuti, il Cartapestaio del 1977.

La bellissima retrospettiva su Ugo Tognazzi, organizzata com’era nella strategia spettacolare dell’ufficio stampa, aveva il compito di sferrare il primo attacco frontale. Partita il primo giorno con La tragedia di un uomo ridicolo di Bertolucci, la manifestazione è proseguita con la partecipazione dei tre figli Ricky, Mariasole e Gianmarco. Tra i lavori del padre presentati sullo schermo (veramente scoraggiante deve essere stata la selezione tra più di centocinquanta film della sua carriera), ci è dispiaciuto non poter rivedere La grande abbuffata e poterla commentare con la prole Tognazzi. S’è stampata nella memoria comunque, come un’iniziativa d’elevato livello, coordinata con il canale satellitare Studio Universal, l’intera retrospettiva (10 opere in tutto La tragedia di un uomo ridicolo, I mostri, Amici miei, In nome del popolo italiano, La voglia matta, Il commissario Pepe, Noi siamo due evasi, Una storia moderna: l’ape Regina, I viaggiatori della sera, Romanzo popolare) è stata infarcita dalla pubblicazione di studio sul personaggio L’alter Ugo del cinema italiano a cura di Massimo Causo.

I fratelli Tognazzi

Passato in secondo piano proprio grazie alle due grandi retrospettive che lo affiancavano, il concorso è stato lo zoccolo più duro che abbiamo dovuto affrontare. Alla fine fra otto film impastati e che non hanno brillato, preceduti quasi sempre da dibattiti di presentazione a volte anche superflui se il film è inedito, l’ha spuntata l’unico film degno di essere riconosciuto tale, l’ungherese Passport del regista Gothàr. Significativo il fatto che per la seconda volta, e soprattutto alla seconda edizione del festival a vincere sia un altro film ungherese. Se non altro simbolico, visto che ad aggiudicarsi l’Ulivo d’oro per il miglior film l’anno scorso fu il bello Simon Magus della regista Enyedi Ildikò. Questa volta il concorso però, risultato alla fine anche poco attinente al tema dei Dialoghi con il quale lo si voleva caratterizzare, e inquadrato nell’ottica di questo cinema spettacolarizzato aveva il ruolo di continuo e sfiancante attacco ai lati. A selezionare le vittorie del concorso è stata una giuria più di rispetto che di presenza e fra le quali figure si è distinta la stoica presenza del talentuoso regista salentino Edoardo Winspeare, interessato a tutte le visioni. Tra le nostre di visioni, invece, cara è la buonanotte che ci ha fatto un tedesco che prima ci confessa le sue origini di Gallipoli e poi scompare portato via dai suoi zoccoli ospedalieri e con un tubo di plastica che fuoriusciva dal suo collo abbronzato. Sembrava scappato da un manicomio vero, lui. La retrospettiva sul regista spagnolo Carlos Saura doveva essere l’ultimo colpo preparato dal quartier generale dell’organizzazione. Contro gli irriducibili e gli amanti del mare, un po’ così è stato. Anche in questo caso il lavoro si è rivelato di alto livello, se non superiore a quello per Tognazzi. Ancora una volta una decina di film del regista (Anna e i lupi, Goya in Bordeaux, Carmen story, La caccia, Mamà compie cent’anni, Taxi, Tango e Cria Cuervos, del quale però è saltata la pellicola), sono stati accompagnati da un libro di studio sul suo lavoro, Carlos Saura a cura del critico Vincenzo Camerino, presentato alla presenza anche del direttore della cinematografia Vittorio Storaro, grande amico del regista iberico. Questo confronto cinematografico, esteso per un’intera settimana, ha comunque visto trionfare il cinema stesso, disilluso e vivo, poliforme e policromo, infarcito da una discreta presenza di pubblico e sostenuto da un’invidiabile organizzazione che ha potuto regalare due storiche retrospettive, due pubblicazioni, un concorso di film inediti e una collana di gemme polacche (unico nostro rammarico perché l’abbiamo mancato). La Art Promotion ha messo su un progetto più caro di quello dell’anno scorso, pur sacrificando qualcosa al concorso, ma il riscontro di pubblico, la quasi sempre presente euforia divisa e collettivizzata hanno dato linfa ad un progetto che alcune volte ci è sembrato essere già in grado di procedere da solo. La Puglia quest’anno riconosce le capacità e le intenzioni ed intuizioni di questo ragazzo poco più che trentenne, Alberto La Monica, che dopo due Festival internazionali del Jazz e l’esperienza del Primo festival del cinema europeo (a Corato l’edizione scorsa) quest’anno ha colto il segno a Lecce con questo progetto onirico, eversivo, caldo. Se esistesse un film di tutto questo vi diremmo di andarlo a vedere. Imperdibile il prossimo anno. Troppo caldo, forse.

LecceIl film del festival (dedicato a Jean-Luc Camerin).

Come sempre nel cinema, esiste un primo ciak……

Sabato 2 giugno, già caldo a Bari. Partenza. Direzione sud e destinazione Lecce. Obiettivo: Secondo Festival del cinema europeo. Arrivo. Ambientarsi, capire, prime mutazioni care a Cronenberg. Blatte. Il senso assume un altro significato. Confusione (iniziale), crisi (di scienze) ed i giardini antistanti il cinema Massimo sono stati la nostra risposta per affrontare la disillusa illusione dell’arte cinema. Gianmarco si rivela e Mariasole rischia il sonno tediata da un aspirante ad un posto pubblico. A notte fonda due sicari danno fuoco al simbolo di Cronenberg, condividendo una colpa della quale nessuno vuole farsi carico. Le prime fiammate dell’ufficio stampa sono tranquillizzate da piccoli nuclei d’acqua che dal soffitto per due giorni si sono affacciate. All’alba del quinto giorno l’allarme: saltano le tubature nascoste nel fragile soffitto, mentre nell’ufficio stampa si consuma la mancanza di rispetto per il capo e sull’altare dell’ingratitudine, al grido dei cuervos, egli è immolato. Il maligno si materializza. Il suo simbolo è una Mercedes, un’auto bianca parcheggiata ma sostenuta dai mattoni in sostituzione delle ruote, proprio davanti all’ingresso dell’albergo. Le mani con dita corte e tozze del regista ci hanno messo a nostro agio, la figura di Storaro ha sconvolto questa tranquillità, quando si è presentato con anelli d’argento ed un abito verde che faceva immaginare un suo arrivo diretto da Saigon. Per rispetto dell’altrui lavoro, chiameremo l’albergo dove siamo stati ospitati The Milion dollar hotel; per rispetto nei confronti delle persone che ci hanno abitato per tutta la manifestazione, chiameremo questo albergo The new milion dollar hotel. Un hotel quindi, un edificio, un palazzo qualsiasi che è diventato manicomio per la sola presenza delle più strane intenzioni. L’ultima notte sabbatica si è conclusa con la resurrezione del messaggio cronenberghiano, la metamorfosi si è compiuta: mutazione, morte, resurrezione. Al mattino di sabato, l’istituto d’igiene mentale cerca per l’ultima volta di prendere controllo organizzando una gita fra le assolate terre salentine…


Indice degli articoli

Le pubblicazioni su Saura e Tognazzi

I film in concorso

Palmares

Intervista a Edoardo Winspeare

Intervista a Carlos Saura

Intervista a Vittorio Storaro