Rashômon.
Akira Kurosawa. 1950.
GIAPPONE.
Attori: Toshiro Mifune,
Masayuki Mori, Machiko Kyo, Takashi Shimura
Durata: 88’
Kyoto. XV secolo. Piove. Sotto il
portico del tempio del dio Rasho, tre uomini, un sacerdote, un falegname ed un
servo, discutono su un fatto appena successo, qualcosa che è peggio della
guerra, dei banditi e della morte, perché è qualcosa che uccide la fiducia
negli uomini. Il taglialegna è il primo a raccontare quanto accaduto, di
aver trovato cioè il corpo di un samurai ucciso. Al comando di polizia si
presenta anche un poliziotto che ha arrestato un brigante, accusato di aver
commesso l’omicidio. Egli stesso racconta quanto accaduto, assumendosi la
responsabilità dell’atto. Nella foresta, egli s’era invaghito della moglie del
samurai e con un pretesto era riuscito a dividere la coppia ed a legare il
samurai ad un tronco d’albero. Aveva approfittato di lei e quella, dopo aver
ceduto, aveva assicurato ad entrambi gli uomini che avrebbe seguito quello che
sarebbe rimasto vivo. Sfidatisi a duello, il brigante aveva avuto la meglio. I
tre uomini al riparo dalla pioggia sembrano però non convinti di quanto
accaduto anche perché il prete, presente alle confessioni al posto di polizia,
aveva assistito alla ricostruzione dell’omicidio fatta dalla donna. Ella era
stata violentata dal brigante ma poi, offesa dallo sguardo del marito samurai,
pieno di disprezzo, aveva deciso di ucciderlo perché non riusciva a
sopportarlo. Il morto stesso per giunta, aveva lasciato una confessione al
posto di polizia, tramite la voce di una medium. Durante la confessione egli
ammetteva di essersi suicidato per dolore. I tre uomini sotto il portico del
tempio sembrano sempre meno convinti e soprattutto è poco convinto il falegname
il quale ammette di aver raccontato il falso al posto di polizia perché non
voleva essere messo in mezzo. In realtà, poiché rifiutata da entrambi dopo aver
ceduto alla violenza del brigante, la donna li aveva costretti al duello per
mostrare il loro onore ed infine il brigante aveva vinto. I tre uomini
continuano però a dubitare della veridicità dei racconti. Sentono piangere un
bambino e scoprono un neonato abbandonato al quale il ladro sottrae
immediatamente la dote. Il falegname lo accusa di non avere un cuore ma quello
se ne va affermando che egli è invece convinto che sia stato proprio il
falegname ad uccidere il samurai. Smette di piovere ed il falegname decide di
prendere in consegna il pargolo abbandonato.
Tratto da due racconti di
Ryumosuke Akutagawa, Rashômon è una profonda riflessione sulla natura
umana, un’incursione psicanalitica negli stati d’animo del cuore, e punto di
riflessione per il mondo intero. La dodicesima pellicola ufficiale del regista
giapponese è un capolavoro di sceneggiatura, testi e sottotesti, inquadrature
(memorabili i carrelli nella foresta) e montaggio, al quale si deve una lucida
tensione narrativa (Lorenzo Vitalone su Cinema di tutto il mondo a
cura di Alfonzo Canziani). Una poetica surreale e suggestiva su una
tragedia consumata senza che mai si possa davvero guardare la morte in faccia
(manca sempre la figura del samurai ucciso, tranne che nella sua confessione,
del quale mostra il suicidio, e che forse è dunque l’unica dichiarazione
veramente falsa) La pellicola incomincia con una menzogna e finisce (sempre per
bocca del falegname) con un atto di responsabilità. Intelligente,
l’impostazione teatrale del racconto si consuma in tre differenti scenografie:
il porticato del tempio, la foresta ed il comando di polizia, ai quali luoghi
corrispondono i commenti, il fatto, e le confessioni, vere e proprie ammissioni
di colpa di fronte a domande non poste. Ai tre luoghi che definiscono lo spazio
narrativo della pellicola, corrispondono anche tre differenti arie
narrative, fatte di una pioggia intensa e costante, di un sole raggiante, e
di un campo asettico. Sebbene, infine, i tre protagonisti della tragedia si
assumano tutti la responsabilità della morte del samurai, tutti ne scaricano la
causa sugli altri, in questa profonda parabola sulla relatività della verità
(il Mereghetti – Dizionario dei film 2000). Due le sequenze più suggestive,
la confessione della donna, il suo isterico domandare basta! allo
sguardo disprezzante del marito samurai, e la confessione stessa del marito,
tramite la medium. Impressionate. Non mancano i riferimenti fallici alle armi e
sono ben studiate anche le coreografie dei lunghi duelli tra i due uomini,
coinvolti con un grande impegno fisico. Superlativo Toshiro Mifune, tenuto
legato nel commissariato come se fosse una bestia feroce, un esemplare raro di
perfido rettile. La vita umana è più
effimera della rugiada del primo mattino. L’uomo è un vero mistero per i suoi
simili.
Rashômon vinse, a
sorpresa, il Leone d'oro a Venezia nel 1951 (i produttori giapponesi fino
all’ultimo s’erano mostrati indecisi perché lo consideravano poco esportabile)
ed il premio speciale agli Academy Awards dello stesso anno, poiché l'Oscar per
il miglior film straniero fu istituito solo nel 1956. Ne è stato fatto un
remake dal titolo L'oltraggio (1964) di M. Ritt e con Paul Newman nella
parte che fu di Toshiro Mifune.
Bucci Mario
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