Mostra del Cinema di Venezia 2003
Diario:
Ritorno al lido dopo quattro anni di assenza.
L'ultima cui partecipai fu l'edizione 1999, quella di Eyes
Wide Shut. Torno e mi imbatto subito, curiosamente, in un
film che ha come unica location... una sala cinematografica.
E' il nuovo film di Tsai Ming Liang, Goodbye Dragon Inn.
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Goodbye Dragon Inn si apre sulle immagini di un vecchissimo
wooxia, "Dragon Inn" appunto, proiettato in una vecchia
sala che sta per chiudere. I pochi spettatori che vediamo avvicendarsi
tra le poltrone sembrano interessati a tutto tranne che al film,
a cominciare dal giovane gay giapponese entrato di corsa per sfuggire
al temporale e a caccia continua di compagnia... senza troppo reale
successo. Come altrettanto scarso successo sembra avere il tentativo
della bigliettaia di approcciare il proiezionista... con il quale
non si incontra mai.
E' un film di solitudini a confronto, questo Goodbye Dragon Inn.
Un film dove predominano il passato e la nostalgia, incupiti dall'aria
di decadenza del cinema che sta per chiudere, dal tempo uggioso
i cui riflessi penetrano anche all'interno. Un film che parla di
incomunicabilità, di incapacità di toccarsi, anche
solo simbolicamente. Si parla pochissimo, come del resto accade
in tutto il cinema di Tsai Ming-Liang. I dialoghi del vecchio film
proiettato predominano su quelli del film contenitore. I personaggi
del film proiettato sono incredibilmente più "corporei"
rispetto a quelli del film contenitore, che semmbrano quasi fantasmi
che vagano in un luogo buio. E - forse - lo sono davvero.
E in un certo qual modo di fantasmi parla il buon
film di ricostruzione storica di Paolo Benvenuti sui fatti che portarono
alla strage di Portella della Ginestra, Segreti di stato.
Usando come filo narrativo un avvocato che cerca di ricostruire
l'accaduto non convinto dalle conclusioni scaturite dal processo
ai membri della banda del bandito Giuliano, Benvenuti muove letteralmente
le sue figurine (in una scena tanto bella cinematograficamente quanto
piena di significati) ipotizzando scenari che coinvolgono non solo
alte cariche dello stato italiano ma anche importanti figure politiche
dello scacchiere internazionale. Il taglio del film è molto
asciutto, quasi cronachistico-documentaristico, ed abbastanza breve
per risultare anche piuttosto incisivo e diretto. La scena fuori
campo dell'omicidio del super testimone Pisciotta è un esempio
di come si possa fare buon cinema senza urlare o dover mostrare
troppo. C'è chi lamenta la mancanza di emozioni, soprattutto
in riferimento ad un avvenimento ancora vivo nella memoria degli
italiani in generale e dei siciliani in particolare. Ma è
proprio questa mancanza di emozioni che permette al regista di portare
avanti la narrazione con estremo rigore.

Goodbye Dragon Inn di Tsai Ming-Liang e Segreti
di stato di Paolo Benvenuti appartengono alla rassegna "Venezia
60": sono quindi i primi due film in concorso che ci vengono
mostrati.
Un fils di Amai Bedjaoui, nella rassegna
"Nuovi territori", è un mediometraggio (circa 60
minuti) dove un giovane cerca di aiutare il padre che deve subire
una costosa operazione prostituendosi assieme alla sua donna. Purtroppo
le cose non vanno come spererebbe, suo padre è troppo orgoglioso
per accettare denaro da lui e quella vita non è proprio così
facile come credeva. Un film girato quasi completamente in interni,
sicuramente a basso costo, che riesce comunque a descrivere con
una certa abilità lo squallore di certi ambienti e di certe
persone chiuse nel loro involucro di ipocrita rispettabilità
borghese. L'uso di luci molto forti e di colori piuttosto lividi
aggiunge sicuramente un senso di disagio nello spettatore, che raggiunge
il climax nell'inevitabile tragico finale.
continua...
Federica Arnolfo
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