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![]() Poi devo stare attento ai ragazzi quando mi prendono in giro, perché nei gomiti sono un po' spigoloso e forse faccio ridere, ma riesco a difendermi bene; se non basta cerco qualche carro da rovesciare oppure un'asse per fare da bilanciere e scaravento frutta e ortaggi contro i carabinieri. Poi non capisco perché da me tutti si aspettano qualcosa che non posso fare. Non posso andare a scuola come gli altri (e poi, lo vorrei?); non posso correre come loro, sarò sempre un po' irrigidito. Il fatto è che nei giochi, nelle corse, nelle recite al circo, gli altri sembra che si divertano; per me è una sofferenza, e così anche in mezzo a loro sono sempre come solo. ![]() Ecco, se mi dicessero che le mie storie - "avventure", le chiamano - sono incredibili per questi motivi, in fondo non ci sarebbe molto di strano. Ma non dicono così. Dicono che l'incredibile è che non c'è logica, non c'è un filo rosso tra una storia e l'altra. Insomma, prima non vuoi andare a scuola, vendi l'abbecedario a dei personaggi assurdi, credi che a seminare gli zecchini nel campo verranno su e si moltiplicheranno; poi vai in un circo dove i burattini si mettono addirittura a parlare con te (e qui non ci capisco più niente: i bambini si stupiscono che le marionette parlavano con me, ma che c'è di strano, visto che io sono uno di loro?); poi non credono che sono finito in un paese che era come una pubblicità: ma non li vedete, quelli della televisione, che poi non sono solo in televisione ma sono ormai nelle nostre case? Quelle stanzette di colori pieni pieni e di bianchi bianchi; quei dolci che vengono da una valletta che la domenica si può anche visitare? È qualcosa di incredibile, cioè è incredibile che esista davvero: ma allora che cosa vogliono da me? È proprio bella: non mi credono se racconto che ci sono stato col mio amico Lucignolo... e poi loro ci sguazzano per tutto l'anno, con papà e mamme che, non contenti della visita guidata, poi comprano e comprano e comprano tutti quei dolci (che hanno nomi molto più strani di lecca-lecca). ![]() Insomma, le mie avventure sono proprio avventure, o forse sventure, ma non sono certo una fiaba. Una fiaba ha un perché e un percome; intanto io, se dovessi essere il protagonista, in una fiaba sarei un bambino in carne e ossa; e casomai, se proprio deve esserci qualche personaggio strano, sarebbe, diciamo, il mio "aiutante", un aiutante magico (io tutt'al più ho avuto alle calcagna quel noioso grillo che aveva sempre una risposta per tutti i problemi); oppure in una fiaba vera - e nella campagna toscana ce ne sono delle vere antologie - sarei io l'aiutante. Altro che bambino (!) ribelle, sarei l'amico dell'eroe, sarei il pezzo di legno più ammodo di tutti e saprei dire a Lucignolo quel che non deve fare. Invece niente, non ho saputo aiutarlo e lui, l'unico amico, è morto sfruttato alla morte. È il destino degli asini, lo diceva uno che si chiamava Balthazar. ![]() Ah, dimenticavo che c'è anche uno strano ragazzino che gira per il mio paese e si camuffa come se fosse me. Non lo sopporto proprio. Però a qualcosa almeno serve: l'ho mandato a scuola al posto mio. (Questo è il testo che ho raccolto nel quaderno di un povero ragazzo; sì un povero ragazzo, non un ragazzo povero. Un povero ragazzo sventurato, malato, melanconico e, come dire, "fissato". Pensate che era convinto di essere un burattino di legno. Firmato: dottor Itard) Alberto Corsani |
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