"Da sempre riprendo animali nei miei
film, mi piacciono molto, e lavorando per anni su un film finiscono addirittura
per fare quello che gli dico."
La presenza degli animali, una costante
del cinema di Kusturica (un coniglio, cavia per esperimenti di ipnotismo in
"Ti ricordi di Dolly Bell?", un tacchino addomesticato ne "Il
tempo dei gitani", i lupi e il pesce di "Arizona Dream", lo scimpanzè
di "Underground"),
trova in "Gatto nero gatto bianco" la sua apoteosi: quasi un omaggio ai cartoni
animati e ai fumetti, da Alan Ford a Tex Avery, il film sembra essere un collage
di scenette tra animali ed esseri antropomorfi, scenette che ricordano, a volte
in modo abbastanza esplicito, le avventure di Bugs Bunny, Willy il coyote e
Tom&Jerry.
Esilarante
e politicamente congruo l'impegno della scrofa a fagocitare l'intera mitica
Trabant, ormai ridotta ad ammasso di lamiere, spazzate dai porci
che spolpano la ex Jugoslavia, facendo affari: un esempio di come con leggerezza
si possano introdurre metafore più o meno ermetiche, muovendo al riso
un'intera platea, che si diverte in modo più sguaiato, come è
giusto e liberatorio, di fronte alle danze delle nozze, dove le capre s'impuntano
a ritmo di musica sui tavoli del banchetto all'aperto, le oche offrono le loro
piume per una pulizia sommaria dalla punitiva pioggia di merda scatenata sul
"cattivo" Dadan.
E poi la presenza paziente dei cavalli, da sempre compagni degli spostamenti
nomadici degli tzigani: fanno atmosfera, ma simboleggiano anche la libertà
con cui da sempre si muovono gli zingari. Infatti una sensazione che trabocca
dallo schermo è l'ampiezza degli spazi aperti e luminosi, in particolare
quando Bubamara fugge incontro al suo colpo di fulmine.
Ma il ruolo più importante lo ricoprono, ovviamente,
i due felini che danno il titolo al film, la cui presenza sembra scandire le
fasi salienti della narrazione: i due gatti, simbolicamente un maschio e una
femmina, sono i due "testimoni" dei fatti che vediamo dipanarsi davanti
ai nostri occhi, funzione subliminata nel finale quando, dalla metafora alla
realtà, diverranno i testimoni del matrimonio dei due giovani protagonisti.
Curiosamente, anche nel corto slavo "Moja
Modovina" di Milo Radovic gli animali sembrano avere un ruolo piuttosto
importante:
Nella scena da cui è tratta la foto sopra, vicina al
film di Kusturica anche per gli evidenti riferimenti politici altrettanto cinici,
avviene una moltitudine di avvenimenti che contrasta, apparentemente, con la
desolazione del luogo. Siamo in presenza di un passaggio a livello, e il contadino
lascia carretto e pecora attaccati alla sbarra e si allontana per espletare
un improvviso bisogno corporale. Mentre il contadino non c'è, arriva
un motociclista, e appena smontato il cavallo del contadino si avventa sulla
sella della moto per rosicchiarla: ne scaturirà una rissa, sotto gli
occhi di una donna che verrà successivamente coinvolta. Mentre il parapiglia
si intensifica, arriva un riccone su una scintillante fuoriserie rossa che,
approfittando della confusione, abbranca la pecora e se la porta via. Anche
qui si ride molto, ma le metafore non son per questo meno evidenti...
Dice infatti il regista: "Questa è una commedia
che riguarda alcuni tragici eventi capitati poche settimane fa nella Serbia
contemporanea. L'assurdo è uno stile di vita tipico del mio paese".