SHOEI IMAMURA, Coscienza Critica del Giappone |
o n t i n u a . . . |
La produzione cinematografica di Imamura occupa un posto indipendente all´interno della cinematografia nipponica, in quanto il regista si discosta consapevolmente dai contenuti, dai generi e dagli stilemi della tradizione ufficiale, per rappresentare microcosmi particolari, in cui operano personaggi marginali, scelti tra i volti anonimi delle classi basse, alle prese con la tragicommedia dell´esistenza che sanno animare con energica vitalità, poiché le loro pulsioni istintive non hanno nulla in comune con le norme rigide di una società benpensante. |
![]() | Ancor oggi Imamura non nasconde una nota di fastidio e di insofferenza, quando la critica (specie occidentale) osa affibbiargli l´appellativo di ¨intellettuale¨: non solo non si considera tale, ma prende le distanze sia da Oshima, che definisce un samurai delle emozioni, sia dal suo maestro Ozu, di cui non apprezzava lo stile rigido e prefissato nel dirigere gli attori e la manipolazione del reale in funzione dell´effetto visivo. In seguito il cineasta limitò il peso delle sue affermazioni e riconobbe nelle opere di Ozu, specie in Tokyo Monogatari (1953), la tradizione autentica dell´identità giapponese, colta attraverso il diaframma generazionale e la disaggregazione della cellula familiare del dopoguerra. ¨Io faccio parte dello shomin (gente comune)¨, ha detto una volta Imamura nel corso di un´intervista. ¨È la vita dello shomin che mi interessa, perché ha molta più vitalità della tradizione della cerimonia del the dei samurai. Essere un samurai significa essere idealista, coraggioso, conoscere la vergogna, tutte cose che vengono insegnate a scuola. Lo shomin, invece, è realistico e vigoroso. Oggi in Giappone esistono entrambi questi aspetti culturali e si influenzano l´un l´altro¨. Imamura seppe mantenere fede, con coerenza maniacale, a queste premesse, ben rappresentate nella scelta di personaggi dalla vitalità inossidabile, inoltre il suo anticonformismo lo portò a superare numerosi ostacoli per non tradire i propri irrinunciabili principi. Mescolando l´espressione del desiderio alla potenza trasfigurante dell´immaginario, i film di Imamura sembrano improntati ad uno stile più naturalistico rispetto alle opere di Oshima, tanto che è possibile paragonare il suo metodo di analisi a quello di un entomologo, che osservi i suoi insetti con la stessa cura e scrupolosità mostrata dal regista nei confronti dei suoi personaggi. |