Dapprima nel film si intuisce l´incombenza di un precipizio (l´abisso kierkegardiano), poi l´imprescindibilità del fato che prevede la caduta in esso diventa l´unica certezza ed infine si sperimenta l´ebbrezza distruttiva. Questa avviene perché la ricerca del regista non va nella direzione di tentare un conforto, quanto nella insistita conferma del pronostico di dannazione nel baratro di malvagità, che non si può ignorare dopo i genocidi documentati: e qui s´evidenzia la centralità delle foto iniziali nell´inversione dei processi di annullamento delle responsabilità collettive. Solo che l´elaborazione filosofica del senso di colpa può condurre al suo superamento definitivo: la negazione della storia non va in una direzione revisionista (come la negazione della Shoa con scopi assolutori), ma al contrario rivendica un´assunzione di colpa, che va al di là di un banale peccato originale da punizione biblica: in questo caso si oltrepassa il limite del rimorso fino al punto di auto-infliggersi il castigo e diffonderlo epidemicamente con la certezza che non ci possa essere redenzione. Perciò la violenza si fa sfrenata, globale, senza la saggezza meditata di chi sta già facendo i conti da lungo tempo con l´immortalità e chiama per nome Proust, Dante, Baudelaire.
E allora la ragazza adesca nuovi adepti, magari rimorchiati (l´allusione sessuale mantiene il vampirismo entro la classica metafora di seduzione e perdizione voluttuosa) in biblioteche definite: Cimiteri con molte pietre tombali...
Ciò che davvero attrae del film si direbbe rintracciabile nell´inconscia indecisione delle vittime, in fondo indifferenti anche riguardo alla propria sorte in virtù di una sotterranea e sempre soffocata consapevolezza della propria propensione al Male e dell´inevitabile ingiustizia che governa la specie, occultata da metafisiche costruzioni, nelle quali ogni filosofo cerca conforto in un relativismo etico, sviluppato sulla base degli inganni di un predecessore. Infatti gli assalti sono tutti segnati da un ritmo non concitato e regolati dal bisogno di convincere psicologicamente i sacrificati che sono altrettanto depravati dei loro carnefici. E nessuno oppone resistenza, perché sotto sotto ciascuno sa di essere già affiliato, tranne un invasato di altro tipo: il vizioso dell´immagine sacra, che rifiuta le profferte di Kathy, continuando a diffondere pericolosi crocifissi; è già perduto dietro ad altre dannazioni idolatre.
Quando la tensione morale trova contingenze particolari (le foto iniziali) si aprono spiragli sulla truffa metafisica e si riconoscono i segni del proprio deperimento organico, che è pure mentale, perché ¨l´esistenza è malata¨ e non è possibile estirpare le radici del male, neanche cercandole nella terra di un vaso, inviato a casa di Kathy, come la classica bara di Nosferatu.