mercoledì 28 e giovedì 29 settembre 2005 - ore 21

HOTEL RWANDA

 

Regia: Terry George - Sceneggiatura: T. George, Keir Pearson - Fotografia: Robert Fraisse – Musica: Andrea Guerra, Jerry 'Wonder' Duplessis, Rupert Gregson-Williams - Montaggio: Naomi Geraghty -Interpreti: Joaquin Phoenix, Nick Nolte, Don Cheadle, Sophie Okonedo - Canada/Inghilterra/Italia/SudAfrica 2004, 121', Mikado.

 

Dieci anni fa si è compiuta una tra le più grandi atrocità della storia: in Rwanda, nel giro di tre mesi, un milione di persone sono state brutalmente uccise. Il film è la storia vera di Paul Rusesabagina, un manager di un hotel, che ospitò nel suo albergo più di mille rifugiati Tutsi per impedire che le milizie Hutu li massacrassero.

 

La storia ovviamente è tragicamente vera e questo rende quasi impossibile emettere un giudizio puramente cinematografico, perché, oltre le questioni puramente tecniche, molto del valore del film risiede nell'importanza e l'interesse che sottendono l'evento raccontato. E' questo un problema vicino a molti film storici, ma in questo caso è giusta la scelta di soffermarsi su un singolo episodio piuttosto che cercare di fornire una visione globale dell'accaduto; in questo modo lo svolgimento del film non risulta mai appesantito o forzato. La linearità della struttura narrativa permette una maggiore immedesimazione nel ruolo del protagonista e dei suoi familiari, facendo accrescere l'interesse emotivo anche in spettatori non particolarmente addentro alla storia del paese e delle sue tragedie. Il film, ricco di sequenze affascinanti e suggestive spesso accompagnate da una colonna sonora molto evocativa, non si limita ad una mera funzione narrativa ma lancia forti capi d'accusa alla comunità internazionale e allo stesso pubblico a cui il film è destinato, gli stessi che, secondo le parole del giornalista interpretato da Joaquin Phoenix in quello che è poco più che un cameo, nella maggior parte delle volte si dicono scioccati e disgustati dalle immagini che hanno davanti ma finiscono con il dimenticarle pochi minuti dopo. Un film quindi riuscito sotto più sfaccettature, che propone uno spaccato a tratti agghiacciante a tratti più ottimistico di una delle più grandi tragedie degli ultimi decenni: un'opera che fa discutere, piangere e soprattutto riflettere, un'opera specchio di una realtà tanto vicina quanto nascosta ai più. (Luca Liguori, cinema.castlerock.it)

 

Ci sono tanti problemi in Ruanda, in primo luogo la paura dell’altro, poi la ricchezza, ci sono solo i poveri e i ricchissimi. Poi l’impunità, il fatto che non si paga per i propri atti. Una cattiva leadership ha approfittato della situazione usando i media che sono armi molto potenti e malevole se usate per cattive cause. Loro hanno usato la radio, disumanizzando i Tutsi, li consideravano animali da eliminare. I ruandesi non leggono il giornale, sentono la radio, basta un piccolo transistor. Una sola emittente, la Rtlm, è stata sufficiente e nessuno ha pensato di fermarla, si sarebbero salvate tante vite. Si continuava a martellare le teste degli Hutu, “non dimenticare uccidi gli scarafaggi vicino a te, sono nascosti nella boscaglia, sono infezioni da rimuovere. Fa il tuo dovere”. Uccidere diventava un dovere. (...) La divisone etnica nasce prima della colonizzazione, ma i tedeschi prima, e poi i belgi, hanno la responsabilità di aver mantenuto la situazione sfruttandola nel segno del ‘divide et impera’. I Tutsi erano più bianchi e dicevano fossero nati per comandare, per gli altri l’appartenenza era indicata nei documenti. Poi gli europei se ne sono andati abbandonando la minoranza Tutsi alla rivalsa degli Hutu. I Tutsi hanno ucciso il presidente che cercava la pace, ma i massacri erano già stati pianificati. (Paul Rusesabagina)